FIGLI MINORI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Le misure restrittive della circolazione delle persone introdotte con i numerosi provvedimenti governativi susseguitisi dal mese di marzo 2020 per fronteggiare l’emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del COVID-19 hanno determinato il sorgere di diversi interrogativi.
Tra questi uno in particolare riguarda l’incidenza delle misure restrittive sui rapporti e soprattutto sulle frequentazioni con i figli minorenni per i genitori separati/divorziati.
Sul punto diversi Tribunali sono stati chiamati a pronunciarsi, con esiti in verità non sempre uniformi.
Senza pretesa di esaustività, si evidenzia come il Tribunale di Milano già in data 11 marzo 2020 con ordinanza inaudita altera parte accoglieva il ricorso di un padre volto a veder confermato il proprio diritto di incontrare il figlio temporaneamente dimorante in altro comune, espressamente stabilendo che “l’articolo 1, comma 1, lettera a) DPCM 8 marzo 2020 n. 11, non preclude l’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori e consente gli spostamenti finalizzati a rientri presso la residenza o il domicilio, cosicché nessuna chiusura di ambiti regionali può giustificare violazioni di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti”.
Del resto sin dall’emissione del DPCM 8 marzo 2020, sul sito istituzionale del Governo veniva inserita tra le FAQ la questione dei rapporti tra genitori separati/divorziati e figli con gli stessi non conviventi, in cui si precisava che lo spostamento per far visita ai figli doveva intendersi come consentito.
Diversa la conclusione cui è pervenuto, invece, il Tribunale di Bari con ordinanza del 26 marzo 2020 che, accogliendo l’istanza di una madre, ha sospeso gli incontri in presenza tra padre e figli fino alla cessazione dell’emergenza epidemiologica, ritenendo il diritto-dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi come recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone stabilite per ragioni sanitarie e al diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione.
Nello stesso senso si è espresso, con provvedimento in pari data (26 marzo 2020), anche il Tribunale di Napoli.
In entrambi i casi la frequentazione e il rapporto del padre con i figli venivano in qualche modo salvaguardati prevedendo l’utilizzo dei colloqui da remoto, anche tramite videochiamata.
Da evidenziare che nel lasso di tempo intercorso tra l’emissione dell’ordinanza del Tribunale di Milano e quella delle ordinanze dei Tribunali di Bari e Napoli è intervenuto un provvedimento ulteriormente limitativo della libertà di movimento delle persone, con il DPCM del 22 marzo 2020, che, tra le altre cose, ha soppresso l’inciso che consentiva il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Il DPCM 22 marzo 2020 all’art. 1 comma 1 lett. b), invero, stabiliva: “è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all’art. 1 comma 1 lett. a) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2020 le parole “è consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza” sono soppresse”.
Peraltro, il Tribunale di Brescia in un provvedimento del 31 marzo 2020 evidenziava che “in data 27 marzo 2020, nell’ultimo modello di autocertificazione, il Ministero dell’Interno ha inserito tra i motivi di necessità per gli spostamenti interni nello stesso comune e di assoluta urgenza per gli spostamenti tra comuni diversi gli obblighi di affidamento di minori. Pertanto, le limitazioni alla circolazione per la grave emergenza sanitaria, a tutela della salute personale e collettiva, non incidono sulle disposizioni dei tribunali quanto alla frequentazione dei figli con il genitore non collocatario, a garanzia del rispetto del principio della bigenitorialità; certo fatta salva poi la valutazione di ogni singola situazione familiare e la necessità o meno di tutelare i figli dal pericolo di contrarre il Covid-19”.
Ed invero, nella vigenza del DPCM 22 marzo 2020, le FAQ presenti sul sito istituzionale del Governo sul punto frequentazioni con i figli hanno chiarito che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque l’affidatario, oppure per condurli presso di sé sono consentiti anche da un comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse, etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori”.
Secondo il Governo, quindi, gli spostamenti per raggiungere i figli minori nei casi di separazione o divorzio tra i genitori rientravano non solo tra i casi di necessità che giustificavano gli spostamenti all’interno del territorio comunale, ma anche nei casi di “assoluta urgenza” che consentivano lo spostamento fuori Comune.
La questione è oggi in parte superata, posto che l’attuale DPCM del 26 aprile 2020, come sappiamo, ha ammesso gli spostamenti al di fuori del territorio comunale e ha espressamente previsto la possibilità di fare visita ai congiunti, tra i quali - al di là di ogni incertezza interpretativa suscitata dall’uso di questo termine - non si può dubitare rientrino i figli.
Resta la questione degli spostamenti fuori regione, potendo invero accadere nella pratica che un genitore risieda in una regione diversa da quella del figlio.
Ora, il DPCM 26 aprile consente gli spostamenti da una regione all’altra in ipotesi di comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o di motivi di salute.
E, come si diceva poc’anzi, secondo lo stesso Governo gli spostamenti per raggiungere i figli costituivano casi di assoluta urgenza quando si trattava di giustificare lo spostamento da un comune all’altro, per cui ipotizzare che la stessa interpretazione possa applicarsi oggi agli spostamenti fuori regione.
E’ chiaro, comunque, che - al di là delle considerazioni astratte di cui sopra – ogni caso è a sé stante e deve essere oggetto di opportuna valutazione, tenendo conto di tutte le peculiarità del caso concreto, onde assicurare idonea tutela al diritto alla salute di tutti i soggetti coinvolti ed in primis dei minori.
Nel caso di un concreto pericolo, non si dubita che la scelta debba essere quella della sospensione delle visite in presenza, da sostituire con contatti telefonici e in video chiamata.
Ove vi siano dubbi o divergenze di opinione tra i genitori, della questione dovrà essere investito il Tribunale competente, il quale sarà chiamato ad operare un bilanciamento tra diritti di pari rango - il diritto alle relazioni familiari e il diritto alla salute, riconosciuti dalla CEDU e dalla Carta Costituzionale- ponendo al centro di tale bilanciamento il superiore interesse dei minori, sulla base di un’attenta valutazione delle specificità di ogni singolo caso.